Cagiva e Gilera. Peccati italiani.Tra glorie, dolori e un destino comune.
Pensate alle corse del passato, quelle vere, all’odore dell’olio bruciato -immaginate se Greta fosse già nata – che gioia… -Pensate al rumore metallico che usciva dagli scarichi del motore di una moto due tempi, pieno zeppo di travasi, a carburatori, a immissione lamellare, alle sue espansioni. Pensate a un mostro da 200cv (a tanto erano arrivate) privo di elettronica mentre si fionda fuori da una curva a gas aperto urlando. Chiudo gli occhi e mi sembra ancora di vederle. quelle moto. Fantastiche.
In quegli oleosi ma profumatissimi anni, il dominio giapponese era a dir poco imbarazzante. Il motomondiale 250cc dal 1980 al 1993 era dominato da Honda e yamaha (nel 1994 per fortuna arrivo’ Biaggi con la Aprilia Chestefield e cambiò tutto) mentre nella classe regina da sempre Suzuki Honda e Yamaha si alternavano i mondiali 500GP praticamente fino alla fine della categoria…..in mezzo a tutto questo dominio assoluto di moto giapponesi e piloti americani fenomeni del Gas ..c’erano anche loro..
Bellissimi “Brutti” anatroccoli che facevano sognare i tifosi italioti con la promessa che un giorno sarebbero diventati Cigni.Ogni volta che una Cagiva arrivava davanti ad una Honda era un tripudio, un iniezione di Italianità che ti saliva da dentro e si trasformava in fierezza. Purtroppo però come nelle favole , c’è sempre un “The end” che nel caso specifico non è stato ornato dall agoniato ” e vissero felici e contenti” perché in realtà Il destino di questi due marchi sembrava segnato già dall’inizio della loro storia e cosa ne resta oggi probabilmente è proprio il ricordo di quegli anni di gare.
Nate in modo completamente diverso, piano piano queste due realta’ italiane avrebbero avuto molto in comune, unite da una fine molto simile e dalla decisione di..investire in altri progetti.
LA GILERA E LA MORSA PIAGGIO
Tanto per cominciare, le origini di Gilera risiedono assai più indietro nel tempo rispetto a Cagiva. Venne fondata da Giuseppe Gilera a Milano nel 1909, precisamente ad Arcore dove infatti risiedera’ l’omonima fabbrica che vede il suo momento di massimo splendore negli anni 50, epoca in cui la casa addirittura conquisterà sei titoli piloti e sei Costruttori nella classe 500 tra il 1950 e il 1957. Dopo di che l’azienda venne investita ,come la maggior parte delle altre aziende delle due ruote di quel periodo, dall’avvento dell’automobile su larga scala..i prodotti persero interesse ed ebbe inizio un altra storia. Senza farla troppo lunga e noiosa Gilera venne acquistata dal gruppo Piaggio gia’ nel 1969. Da lì e dopo la morte di Giuseppe Gilera il destino del marchio cambio’ per sempre tra alti e bassi. Gilera vide davanti a sé un altro periodo favorevole negli anni 70 e 80 conquistando un suo spazio di mercato nella fascia di età dai quattordici anni in su, anche grazie a numerose imprese sportive sponsorizzate dalla Casa, dapprima entrando nel settore delle moto da offroad di piccola cilindrata e poi avvicinandosi alle piste e alle moto da strada costruendo quelli che sarebbero diventati dei veri e propri best seller nella cilindrata 125cc due tempi. Una su tutte la bellissima e sportivissima SP01 evoluta poi in SP02 e Crono con cui Gilera ha partecipato al campionato Sport Production. L’apparizione della GFR 125 coincide invece con l’uscita di scena della Gilera da un breve ma intenso ritorno alle corse ai massimi livelli dal 91 al 93. La piccola125 è infatti la copia esatta nella linea e nelle grafiche della moto 250cc che sfrecciava sulle piste di tutto il mondo.
La sigla GFR stava per Gilera Formula Racing e la moto fu sviluppata all’interno di uno speciale reparto corse di Gilera. Nonostante il motore bicilindrico fosse il più prestazionale della classe 250cc con 86cv prima, arrivato poi a 95cv, aveva dei grossi problemi di alimentazione e quindi una pessima affidabilità…i risultati furono scarsi..Non bastarono gli sforzi ingegneristici come l’adozione di un cambio a sei rapporti -arrivato dal futuro- dotato di un dispositivo semiautomatico di comando a controllo elettronico. Questo nuovo automatismo permetteva al pilota di effettuare la cambiata senza paralizzare l’apertura di accelerazione e senza intervenire manualmente sulla frizione (parliamo di 28 anni fa eh!) e nonostante piloti validissimi come Lavado e Ruggia nel 92 e Casoli e Gramigni nel 93 la GFR pagava una frettolosa messa in opera del progetto e un troppo breve collaudo della moto..un vero peccato anche perché gli ingenti investimenti per partecipare al mondiale non furono ripagati e così la storica fabbrica di Arcore chiuse definitivamente i battenti perdendo di fatto anche la sua “autonomia” costruttiva dalla Piaggio. Passata totalmente nelle mani di quest’ultima, Gilera divenne di fatto solo un marchio, uno stemma che veniva utilizzato per una linea di produzione parallela…di scooter…alcuni dei quali personali e di successo come il Runner, altri, Solo delle copie di modelli piaggio al quale veniva praticamente sostituito lo stemma e cambiato il nome. Più tardi, nel 2001 Piaggio acquisì anche la casa spagnola Derbi e grazie all’impegno di quest’ ultima nel mondiale 125, dal 2001 lo stemma fantasma di Gilera torno’ luccicante sui serbatoi di una moto da corsa vincendo addirittura il mondiale del….2001 con l’allora fenomeno, Manuel Poggiali.
Un illusione. La moto era una Derbi che era appena entrata nel gruppo Piaggio, che aveva comprato anche Gilera. Della serie che – Alla fiera dell’est per due soldi un topolino mio padre compro’ (???) – Ebbene si – che cosa corresse alla fine non si sa, si sa solo che per chi si limitava a guardare la moto. ci avrebbe letto sopra – Gilera – ed era campione del mondo 125. Una bella pubblicità. Il risultato fu questo.
La vera beffa -il grande rimpianto- ci sarà nel 2001, perche’ proprio sull’onda del ritorno del marchio Gilera vittorioso nelle corse Venne presentato al mondo il prototipo di una moto 600 di cilindrata QUATTRO TEMPI con il nome di Gilera 600 Supersport.
Per me era Bellissima e nonostante fosse praticamente senza motore perché gli era stato impiantato il quattro cilindri il linea ,pensate un po’, della GsxR 600 Suzuki ..Una Jappo..il resto del progetto non era male con un peso di soli 165kg e componentistica di alto livello.. Non vide mai la luce perché fu vittima di una riorganizzazione aziendale all’interno di Piaggio dopo l’acquisizione da parte di IMMSI di Roberto Colaninno. Si decise così per una linea di scooteroni definiti “sportivi” come il Nexus e il GP 800 (GP…).
Arriviamo all’epilogo di questa storia..Da quando nel 2004 anche Aprilia entra a far parte del gruppo Piaggio è nato il quarto gruppo industriale più importante al mondo nel campo della fabbricazione delle 2 ruote di cui fanno parte anche Gilera e Derbi. Anche se venne accantonato il settore motociclistico, la storia del marchio Gilera nelle corse – in realtà ormai solo una scritta – non era ancora destinata a finire. Nel 2008 una Aprilia RSA 250 Gp, scusate una Gilera, vince il mondiale con l’indimenticabile Marco simoncelli. La Gilera RSA 250. Insomma un Aprilia..
Con la fine dell’era 2 tempi nelle corse, lo stralcio del progetto di una moto sportiva quattro tempi e una totale dipendenza dalla Piaggio, il sogno finisce qui. Cosa resta oggi di Gilera?? Sul sito ufficiale appare tristemente un Runner 50 proposto in sole due colorazioni. Che peccato. Se penso alla GFR 250 gp, a tutte le 125 prodotte e alla Supersport mai nata, mi viene inevitabilmente da pensare a quello che poteva essere Gilera e che invece non è stato. Colpa di decisioni dettate dal marketing e degli interessi economici. Fatto sta che uno dei simboli italiani delle due ruote è stato piano piano lasciato morire inglobato o se preferite, schiacciato all’interno della grande fabbrica con sede a Pontedera.
LA CAGIVA TRA DUCATI E MV
L’idea nasce nel 1950 Dalla mente di Giovanni Castiglioni nato a Varese dove prende vita l’azienda che si chiamerà non a caso CAGIVA ,ovvero, acronimo di CA.stiglioni GI.ovanni VA.rese. Semplice no?? In realtà per i primi 28 anni non verranno prodotte motociclette ma – udite udite – minuteria metallica..bulloni??dadi?? Sarà solo più tardi, precisamente nel 1978 che si parlerà di moto e cioè quando verrà rilevato lo stabilimento di Amf-Harley Davinson dai figli appassionati di moto, Gianfranco e L’indimenticato e indimenticabile Claudio i quali daranno alla nuova realtà il nome dell’azienda di famiglia. All’inizio Verranno prodotte solo moto da competizione . L’intento sarà quello di partecipare al motomondiale e al campionato motocross. Oggi, in un mercato così saturo e blindato dove solo alcune realtà consolidate riescono a dominare le vendite fa veramente impressione pensare a cosa è riuscita a fare un azienda che neanche produceva moto in appena 10 anni. Nel 1986 l’azienda Svedese Husqvarna entra a far parte del gruppo Cagiva e nel 1987 Cagiva acquista anche la storica azienda Moto Morini. Non è un caso se in quegli anni Infatti nel motocross Cagiva ventera’le soddisfazioni maggiori ottenendo 2 titoli Piloti, e 3 titoli costruttori, tutti nella classe 125 (MX2), ottiene 4 secondi posti nel titolo piloti, di cui due nella classe 125 e due nella classe 250, interrompendo l’egemonia Suzuki nella classe 125.
Nel motomondiale, invece,nella appena rinata classe 500 due tempi Cagiva avrà vita più difficile ma con il raggiungimento comunque di risultati importantissimi in un crescendo di competitività costante fino a raggiungere il suo massimo proprio negli ultimi anni. Nel 1980 avvenne il debutto con una moto che era praticamente una Yamaha Tz500 ibrida – la Cagiva 1C2 – seguita poi dalla prima vera moto interamente Cagiva, la 2C2 del 1981 seguita dalla 3C2 del1982 successivamente dalla 4C3 per poi cambiare nome nel 1984 in C9 poi C10 e dal 1987 al 1994 le moto da GP saranno contraddistinte dalla sigla C (cagiva) 5 (500) e l’anno C587,588 e così via. La prima incredibile vittoria fu siglata dall’asso americano campione del mondo Eddie Lawson Nel Gp di Ungheria del 1992 con la cagiva C592 realizzando il sogno inseguito da oltre un decennio, un successo avvenuto anche grazie al prezioso contributo di Lawson che purtroppo si ritirò a fine stagione lasciando il posto ad un altro Americano- john Kocinski che però fece ancora meglio nel 1993 (ingaggiato a fine stagione) e nel 1994 conquistando altre 2 vittorie, sette podi e il terzo posto in classifica generale con la C594..Il sogno di Cagiva nel motomondiale finisce qui..proprio nel 1994… con una sola altra apparizione nel 1995 al Mugello con Pierfrancesco Chili – ragazzi non ve lo vorrei dire – io c’ero e sono stato testimone dell’ultima gara di Cagiva – quella moto era la più bella in assoluto. Unica moto italiana in 500 in quel gp del Mugello. Questa è storia.
Come dicevo, gli anni 80 sono stati anni straordinari per la Cagiva che in poco tempo diventa uno dei marchi più importanti in Italia. La produzione delle moto riscuote subito un gran successo a partire dalla SST125 che sarà la moto più venduta in Italia nel 1980. L’evoluzione del marchio Cagiva arriverà al primo punto di svolta nel 1983, quando i fratelli Castiglioni stringono un accordo con Ducati che all’epoca era sull’orlo della banca rotta e che prevedeva la fornitura di motori per la produzione di una nuova gamma di medie e grosse cilindrate marchiate Cagiva. Nascono così alcune delle moto che hanno fatto la storia sia di Ducati che di Cagiva come la mitica Cagiva Elefant con la motorizzazione 900 del motore 2 valvole Pantah. Conquisterà ben 2 Parigi Dakar sponsorizzata lucky explorer – già – Elefant-come il simbolo porta fortuna di papà Giovanni, un elefantino che verrà impresso più volte sui tappi dei serbatoi e che accomunera’ per anni Gagiva e Ducati, infatti, le due case di moto avranno sia lo stesso font per le scritte sia l’elefante come simbolo di appartenenza allo stesso gruppo dei Castiglioni fino al 1998
La Cagiva sotto la guida di Claudio acquista da Finmeccanica nel 1985 definitivamente tutto il pacchetto di maggioranza della Ducati e nasce la Cagiva Telai ai fini di concentrare la produzione di telai per le aziende motociclistiche del gruppo. Simbolo della rinascita del marchio Ducati sotto l’ala protettrice di Cagiva fu l’iconica Ducati 750 F1, un progetto di Fabio Taglioni sulla base della TT1 poi sviluppata dal Gruppo Cagiva-Ducati. Questo sarà l’inizio dell’ascesa di Ducati verso un futuro straordinario fatto di modelli iconici come la Paso, il Monster, la supersport, la 851 e la 916 e di successi straordinari nelle corse. Tutto è stato possibile grazie a questo legame a doppio filo tra Cagiva e Ducati. Se esiste una storia fatta di passione e amore per le moto è forse questa…quella di Geni visionari e sognatori come Claudio Castiglioni e Massimo Tamburini che hanno reso possibili moto come la 916 e la MV agusta F4 tutte e due nate sostanzialmente da una costola di Cagiva.
Mentre Ducati prendeva il volo, Cagiva costruisce grazie all’esperienza sviluppata nelle corse, le 125 due tempi che hanno scavato letteralmente un solco nei cuori dei sedicenni. Ricordiamo le Frecce C9,C10 e C12 e la mitica Cagiva Mito, copia esatta della cagiva C589 di Mamola evolutasi nella Mito Ev che riprendera fedelmemte non a caso la linea della 916.
Ma se erano tutte rose e fiori, cosa è successo?? Come siamo arrivati ad oggi??. La storia di Cagiva si trova davanti ad altre due svolte importanti. La prima nel 1992 quando I Fratelli Castiglioni acquistano dai Conti Agusta il sogno di una vita. Il glorioso blasone MV. La seconda svolta con l’annuncio del ritiro di Cagiva dalle corse nel 1995 Che Castiglioni giustifico’ cosi: “Ormai abbiamo dimostrato di essere all’altezza dei giapponesi, siamo in grado di vincere il titolo mondiale che è la cosa che ci interessava.per questo abbiamo deciso di ritirarci“. In realtà questa mi sa tanto di scusa bella e buona. Bolliva molto altro in pentola e i molti soldi spesi per correre in 500 sarebbero serviti ad altri progetti. Prima di tutto per concentrarsi totalmente sulla SBK che all’epoca era una vetrina molto più importante per le vendite delle moto. Secondariamente per dar vita ad un progetto ancora più ambizioso. La nascita di una moto Italiana grandiosa, che avrebbe ancora una volta sconvolto il mondo. Ironia del destino c’è anche qui, come fu per Gilera una moto che è il simbolo di ciò che poteva essere e non è mai stato. Nel 1995 la Cagiva presenta il prototipo “F4” sulla base della linea della stupenda C594. Un progetto ambizioso che vide coinvolta addirittura Ferrari per la produzione del motore 4 cilindri (unico al mondo con valvole radiali) da lì il nome F4 (Ferrari 4 cilindri). Sarebbe stato qualcosa di pazzesco, immaginatevi voi. Una ferrari su due ruote. Questo sogno non vide mai la luce, pare per un dietrofront di ferrari che non fu mai convinta fino in fondo della cosa ma che avrebbe annunciato la successiva comparsa nel 1998 della bellissima MV Agusta F4 che ne riprese il progetto sotto un altra veste e parte del motore.
Siamo arrivati all’fine anche di questa storia. Come se non bastasse, I fratelli Castiglioni vendettero nel 1998 tutte le quote di Ducati alla Texas Pacific Group e Ducati diventerà Ducati MotorHolding spa. Americani insomma. L’elefantino sparirà per sempre dai tappi dei serbatoi Ducati e Cagiva viene riposizionata come marchio all’interno del gruppo MV Agusta Motor S.p.A. nel 2008 tutto il gruppo viene acquisito dalla Harley-Davidson ma dopo due anni,nel 2010, Harley-Davidson decide di vendere e Claudio Castiglioni ricompra il gruppo MV Agusta ad un prezzo “simbolico”. Le moto Cagiva usciranno definitivamente dai listini nel 2012 dove era rimasto solo un vago ricordo della cagiva mito. Praticamente la moto di venti anni prima, depotenziata, fatta a risparmio, utilizzando ancora tutto quello che c’era, con solo Cupolino e codino “rimodernati” che riprendono tristemente la linea della C594 che avrebbe meritato tutto un altro futuro. Uscirà di scena anche la Naked Raptor, progettata col nome di M2 Monster2 da Miguel Galluzzi che riscosse solo un timido successo e che fu presentata ben dopo la vendita delle quote Ducati e della Monster 900.
Oggi cagiva non esiste più, è solo un marchio dormiente all’interno di MV..neanche più nelle mani del figlio di Claudio, Giovanni. Dal 2019 la nuova proprietà è di un fondo lussemburghese guidato da Timur Sardarov. Forse un raggio di luce si intravede oggi con la presentazione di una nuova Elefant al salone di Milano 2021. Ma si parla solo di ricordi. Purtroppo si è scelto di mandare avanti il marchio Premium di MV e accantonare Cagiva. Per quello che è stata la Cagiva in passato e quello che ha rappresentato, è un vero peccato che non si sia deciso di far andare avanti il marchio in maniera automoma. Chissà come sarebbe andata se non si fosse scelto di sviluppare prima la Ducati e poi di comprare MV. Forse sarebbe esistita una 916 magari Cagiva.chissà. sono sicuro che non sarebbe andata male. I protagonisti sarebbero stati i soliti e molto probabilmente anche gran parte delle moto. Per il resto sono state tutte scelte imprenditoriali..e i nostri discorsi restano quelli di sognatori da Bar portati via dal vento. Ciao Ragazzi
E altra dimenticanza come dimenticare il titolo perso con Cagiva di Corradone Maddii nell’84 che si rompe la gamba nell’ultima prova cedendo il passo a Rinaldi?
Ottimo articolo, purtroppo viene omesso un fatto storico importante, la Cagiva wmx 125, con Pekka Vehkonen , nel 1985 vinceva il campionato mondiale motocross della sua classe, scalzando il titolo detenuto dalla Suzuki per 10 anni consecutivi, dal 1975, anno della sua istituzione. Replichera’ il successo nel 1986 con Dave Strijbos.
Siete perdonati comunque
Grazie mille del complimento. Cerchiamo di fare del nostro meglio
Leggo solo ora e mi permetto di far notare che relativamente a Gilera mancano tutti i successi nel fuoristrada, dal cross all’enduro con le 2T 125 e 250cc, fino ai Rally (Dakar, Faraoni, ecc.) con le varie versioni delle RC 600 con motore 558cc 4T. Tutto dismesso all’apice del successo con decisioni estremamente discutibili. Direi abbastanza grave!
M. Z.
Non di poco conto il primo bicilindrico realizzato dalla Gilera per il Cross,(125 b) portato nella prova del mondiale tenutasi nel circuito del Miravalle da Franco Perfini (io c’ero e faceva paura) che anche se da perfezionare era troppo futuristico, al punto di venire estromesso dalle competizioni dopo una nota di regolamento che voleva solo monocilindri.