ELF e Honda. La storia del primo forcellone monobraccio al mondo
Oggi siamo tutti abituati a questa tecnologia, una tipologia di attacco della ruota posteriore al telaio ormai nota da molti anni e utilizzata da molti costruttori in maniera più o meno frequente, diventando in molti casi il segno distintivo di molte motociclette, anche plurivittoriose nei vari mondiali. Ne cito alcune, Honda RC 30 ,Ducati 916,996,998, Ducati 1098,1198 e anche il prototipo Honda Nsr 250R del 92, per quanto riguarda le GP. Questa tecnologia facilita la sostituzione della ruota posteriore e la manutenzione, per quanto riguarda tutta la parte posteriore della moto, oltre a snellirne di molto la linea. Di contro, ha costi di progettazione più elevati che rendono questa soluzione in alcuni casi solo un capriccio di Design, inoltre il peso del forcellone monobraccio è più elevato ed ha una manutenzione più complicata, oltre ad essere più soggetto ad usura. Una soluzione che può complicare la vita ai progettisti, ma che grazie anche all’evoluzione dei materiali e dei potentissimi programmi di progettazione è diventata una soluzione che addirittura equipaggia moto da 220CV, come la Panigale V4R.
La prima volta che venne vista questa tecnologia su una moto fu su un prototipo da corsa, era nel 1978, quando l’azienda petrolifera Francese Elf decise di entrare a gamba tesa nel motociclismo e dal 1981 al 1983 partecipò al mondiale Endurance (dove appunto il sistema con monobraccio doveva essere particolarmente vantaggioso). La Elf-e, così venne chiamata, fu progettata dall’ingegnere francese Andrè de Cortanze, proveniente dalla Renault F1, che con la sua esperienza nell’automobilismo aveva la mente libera dalle convenzioni e abbandono’ i concetti tecnici del motociclismo convenzionale, cosa che se ci pensate, dovette richiedere molto coraggio e mestiere. Sviluppò così la bellezza di 13 brevetti per le innovative sospensioni in cui il motore aveva funzione portante e l’anteriore aveva lo sterzo nel mozzo della ruota.
Nella versione Endurance il motore era un Honda 1000 quattro cilindri 16 valvole raffreddato ad aria e progettato da HRC. L’avventura nel mondo delle corse aveva però dato poche soddisfazioni e il debito con Honda salì. Fu così che la casa alata acquisì i brevetti e con questi anche quello per la costruzione del forcellone monobraccio posteriore, che ebbe la sua primissima apparizione, su un modello Honda, alla 8 ore di Suzuka con la Rvf 750, che vinse questa gara nel 1985 e 86 con Wayne Gardner.
Arriviamo quindi al 1987, anno in cui nacque la VFR400R di seconda generazione, nome del progetto NC 24, su cui venne montato il primo forcellone monobraccio al mondo su una moto di serie, proveniente dal progetto del monobraccio Pro-Arm Elf. Sulla produzione in serie devo aprire però una parentesi Italiana e mensionare una moto che nel 1987 Aprilia mise in vendita. La AF1 125 project 108 montava anch’essa un inedito forcellone monobraccio ,la cui corona però passava esternamente al forcellone e non internamente come per il VFR. Per pochi giorni però non deterrebbe il primato come prima moto messa sul mercato con questa soluzione.
Tanto per descrivere la Nc 24 a grandi linee, Il motore derivava dalla antesignana VF400F ed era un 4 cilindri da 399cc a V DOHC 4valvole per cilindro a cascata di ingranaggi che sviluppava la potenza di 65Cv a 12.500giri per 164Kg di peso, il telaio era in alluminio a diamante di larga sezione. Sull’avantreno, 2 dischi da 276mm e al retrotreno un disco da 230mm. Le dimensioni delle gomme erano di solo 100/90 R16 all anteriore e 130/70 R18 al posteriore, la velocità massima si aggirava intorno ai 215km/h, il prezzo di lancio era di 679.000 yen pari a 5.800euro (attuali)
Fu solo con la terza generazione della VFR 400R (Nc30) che venne finalmente spostato lo scarico dalla parte opposta, valorizzando ancor di più il cerchio, ora totalmente a vista e dotato di un unico Dado eccentrico, molto più pratico da togliere e dall’ aspetto molto più Racing. Questa ultima versione era la copia stretta della sorella maggiore da 750cc, la leggendaria RC30 dalla quale differiva (a prima vista) solo nel doppi fari anteriori che nella 400cc erano di sezione ridotta.