Ducati Multistrada 1000 DS,quella rivoluzionaria incompresa Ducati di Pierre Terlblanche

Ducati Multistrada 1000 DS,quella rivoluzionaria incompresa Ducati di Pierre Terlblanche

23 Ottobre 2019 6 di La Redazione

Quando parliamo di crossover ci riferiamo ad un universo di moto essenzialmente di derivazione Enduro, con una base concettuale in comune che è la possibilità di avere un mezzo multiruolo col quale si possa sia viaggiare che divertirsi su strada. Il termine crossover deriva dalla struttura anglofona cross over, che significa accavallare, Sovrapporre. L’avvento delle moto di tipo crossover ha reso molto meno marcati i confini tra una tipologia di moto e un’altra. Questo termine è stato coniato in campo motociclistico (nello specifico) per descrivere, in maniera molto generica sia quelle moto on/off Road, sia quelle volte ad un uso prettamente stradale,anche sportivo, con posizione e richiami allo stile e alla comodità enduro o Motard ma con dotazioni sportive.

Qual’e’ stata la prima antisiniana crossover? Molti di voi penseranno alla Yamaha TDM 850, ed è vero, è stata la prima moto a gettare le basi di questa filosofia costruttiva, oggi consolidata..ma Ducati fece di più. Con l’eccentrico Terlblanche ostento’ qualcosa di maggiormente innovativo e dette una volta per tutte avvio alla categoria. La TDM infatti era già sul mercato dal 1991 ma rimase per molto un caso isolato, nessuno proseguì su quella strada, probabilmente, era troppo in anticipo coi tempi e forse anche troppo anonima e con un carattere non troppo definito.

Il nuovo millennio in Ducati si apriva sotto l’egida tecnico-sportivo-stilistico del trio Bordi-Domenicali-Terblanche. Correva l’anno 2001 e dalla matita del designer nacque una moto diversa da tutto quello che c’era in produzione. Una motocicletta che aveva Il duro compito di incontrare le esigenze di motociclisti provenienti da diverse tipologie di motociclette. La nuova Multistrada, così venne chiamata, che in realtà, avrebbe dovuto chiamarsi “futa” poiché collaudata anche sul famoso passo Tosco-Emiliano, doveva essere un mezzo multiuso e facile da guidare a cavallo tra moto sportiva e Enduro stradale.

Fu così che a fine 2002 fu presentata al salone di Monaco al pubblico e fu successivamente commercializzata nel 2003.

L’attesa per la Multistrada fu tanta ma l’accoglienza che ricevette fu abbastanza fredda. È stata una delle linee più criticate in assoluto dell’era Terlblanche e alla maggior parte del pubblico non piacque, specialmente ai ducatisti più tradizionalisti, che haime, oggi si mangerebbero le mani,visto il cambiamento che c’è stato in casa Ducati negli ultimi anni tra frizioni, telai e motori V4. Ci fu comunque anche una parte di persone a cui piacque tanto e la trovavano addirittura bella e rivoluzionaria..opinioni discordanti che hanno portato a lunghi dibattiti i favorevoli e i contrari.

DESIGN

Il design era abbastanza futuristico per l’epoca, e la moto non aveva neanche uno stilema in comune, non solo con le Ducati anni 90, ma anche con le coeve creazioni di Terlblanche se non ,forse, per gli scarichi che passavano dentro il codone e il gruppo luci posteriore, separato, identico alla 999. Per il resto era una moto del tutto unica. Il tratto maggiormente distintivo era il cupolino semovente, la parte alta, ruotando insieme al manubrio, permetteva angoli di sterzo altrimenti impossibili. Per avere un serbatoio capiente (20 l) e mantenere la moto compatta , il designer pensò a quest’ultimo come ad un pezzo unico che partendo da davanti arrivava fino alla sella del passeggero,(le selle infatti sono montate sopra il serbatoio) questa soluzione, per quanto geniale complicava non di poco gli interventi di manutenzione, in quanto, per qualsiasi cosa si debba fare alla moto è molto probabile dover rimuovere il serbatoio, ad esempio, Un operazione semplice come cambiare il filtro dell’aria, potrebbe diventare un calvario, poiché si trova sotto di esso e si deve smontare mezza moto per sostituirlo

MOTORE E CICLISTICA

La Multistrada 1000DS nacque con il glorioso motore superquadro, DualSpark (doppia accensione) da 992cc raffreddato ad aria e olio, con la potenza di 84cv che spingeva la moto in sesta fino ad oltre 220km/h. Era dotata della miglior ciclistica che poteva offrire Ducati in quegli anni, con sospensioni pluriregolabili Showa. Quella dietro aveva anche un sofisticato sistema di leveraggi con puntone, sul quale si poteva agire per regolare l’altezza della moto cambiando quindi anche il bilanciamento dei pesi a piacimento. Sempre al retrotreno aveva un bellissimo forcellone monobraccio con dado eccentrico mutuato 916 che scopriva completamente la ruota posteriore da 180/60 zr17. L’ Impianto frenante era Brembo con due dischi da 320mm all’anteriore e pinze flottanti a 4 pistoncini su ruota da 120/70 zr 17. Il telaio era un bellissimo traliccio in acciaio che proseguiva dietro fino a fare da telaietto reggisella. Peso a secco 195kg.

COMPORTAMENTO SU STRADA

Qui arriviamo al punto di forza della Multistrada 1000DS. Quello su cui tutti sono assolutamente d’accordo è che La cosa straordinaria di questa moto risiede proprio nella guidabilità . È facilissima da guidare, ti da subito l’impressione di avere un controllo totale. La guida alta è sufficientemente caricata in avanti e consente un buon feeling sull’anteriore come su una moto sportiva. Anche se priva di qualsiasi controllo elettronico, Il motore ha la giusta potenza per spingere in sicurezza. 90 CV non sono tanti ma sembrano di più di quelli che sono visto che spinge forte da subito, e comunque, è sempre una moto da 1000cc. E’ precisa e veloce e si fionda da a una curva all’altra in un attimo, la confidenza che da è tanta e si ha l’impressione di poter anche esagerare…questa moto è micidiale e nel misto può tenere dietro qualsiasi hypersport di pari cilindrata. Le sospensioni, anche con taratura standard, sono molto rigide e si possono regolare praticamente in ogni modo. Anche la sella è dura al pari di una moto sportiva il che rende i movimenti del corpo fluidi mentre si guida -chiaramente- questa cosa gratifica quando ci si vuol divertire ma rende i lunghi trasferimenti parecchio scomodi. Tutto, su questa moto parla di sportività. La frenata è buona e l’impianto frenante Brembo fa il suo dovere, non si può certo paragonare ai Brembo attuali, ma e’ ben fatto e i tubi in treccia sono di serie. Manca l’ABS che almeno al freno anteriore forse è proprio l’unica cosa che sarebbe servita ma fino a circa il 2009 era una componente non ancora usuale su una moto.

Qui di seguito l’ esaltante commento di un tester dopo una prova della Multistrada nel 2003:”l’ingresso in curva può essere anticipato all’inverosimile, potendo contare su un margine di sicurezza fino a oggi sconosciuto. Anche arrivando drammaticamente lunghi, si ha sempre l’opportunità di richiamare i freni senza il minimo accenno autoraddrizzante da parte dell’avantreno che, viceversa, sembra addirittura gradire il trasferimento di carico che ne consegue. In pratica, è possibile aggredire il punto di corda a una velocità pazzesca, certi che per quanto forte vi sembrerà di andare non arriverete mai a mettere realmente in crisi la ciclistica, neanche pescando dal vostro repertorio «acrobatico»

Che altro aggiungere, con la Multistrada 1000ds ci ho girato anche in pista al Mugello e se volete sapere come è andata e vedere qualche foto della giornata,leggetevi L’articolo.

PREGI E DIFETTI

Se il pregio principale della multistrada risiede proprio in quanto detto prima, ovvero, nella eccellente qualità delle componentistiche abbinate ad una altrettanto eccellente ciclistica, c’e’ da dire che quando uscì aveva parecchi difetti di gioventù, risolti strada facendo fino ad arrivare alla 1100DS, esente da tutti i problemi principali che affliggevano la 1000 e posso anche dire essere quindi la migliore. I difetti principali della Prima Multistrada 1000ds erano: l’indicatore del carburante residuo (risolto con la 1100) spreciso e che entrava in riserva quando nel serbatoio c’erano ancora 6 litri di carburante.. sparivano anche tutti i dati riguardanti; km/l, litri residui, km residui ecc. problema non da poco, risolvibile però con una modifica. Telaietto posteriore. La parte finale che tiene scarichi e bauletto si poteva spezzare per un difetto di progettazione, dal 2004 fu aggiunto un fazzoletto di rinforzo applicato al telaio, aggiornato nel 2005 con modifica al telaio stesso e l’aggiunta di un nuovo traliccio. Il problema fu definitivamente risolto dal 2005. Cavalletto troppo corto e difficilmente trovabile. Frizione a secco molto dura, che si poteva ammorbidire montando un attuatore più grande. lo considero un difetto perché è una moto che dovrebbe anche permettere viaggi a lungo raggio e con uso intensivo del cambio. Questo problema comunque fu risolto con la 1100 che montava la meno sportiva ma più malleabile frizione a bagno d’olio. Selle In pelle molto dure, fino al 2004 la sella del pilota era praticamente quella della 999 ( pregio nella guida sportiva) e quella del passeggero insufficientemente morbida e scivolosa. Protezione aerodinica appena sufficiente, risolta, solo in parte, con l’adozione di un cupolino in plexiglass più alto dal 2005. Luce del fanale insufficiente, di notte non si vede praticamente niente e spesso si è costretti a viaggiare con l’abbagliante fisso acceso, ma anche con quello non si vede molto.problema mai risolto. Specchietti cedevoli, fissati non troppo bene, con il tempo potrebbero scendere sempre più in basso e per vedere dietro si devono tirare su con una mano.

PER CONCLUDERE

Forse questa straordinaria moto aveva davvero esagerato in tutto,(anche nei difetti) la linea Esotica,fuori dal comune e la raffinata ciclistica da miglior superbike dell’epoca ,specialmente nella versione S (che montava sospensioni Ohlins) , andavano un pochino a contrapporsi al concetto di moto da turismo, che trasmetteva a prima vista, a discapito di una comodità in realtà appena sufficiente. Con il tempo il filone delle attuali endurone stradali è diventato più coerente con quella versatilità d’uso che la prima Multi ha provato ad interpretare a modo suo, ma rimanendo fin troppo legata al DNA sportivo di Ducati. Con questo non voglio dire che sia stata una moto non riuscita nel suo scopo ma semplicemente che è riuscita in quello che voleva essere. Una moto con molta personalità e che probabilmente l’ha apprezzata a pieno soltanto chi l’ha posseduta, bella e facile da guidare ma che di turistico aveva ben poco, se non la posizione di guida e la possibilità di mettere borse e bauletti. Se ne incontrate una per strada guidata dal manico giusto potreste rimanere affascinati da quel brutto anatroccolo che è in grado di fare cose incredibili tra le curve. fermatevi un attimo a guardarla e scambiate due chiacchiere con il proprietario. Capirete che nonostante i suoi conclamati difetti, ne sarà pienamente innamorato.