Yamaha Yzf R1, correva l’ anno 1997 e nulla fu più come prima.
Iniziamo da un video. Siamo nel 1997, Un giorno accendi la televisione e vedi questo spot. Ad un tratto ti rendi conto che in campo motociclistico sta succedendo qualcosa.Tra quello che c’è stato ieri e quello che ci sarà domani si inserisce improvvisamente un elemento che rompe in due questo spazio temporale collocando nel presente una moto che non sembra possibile essere già qui, visibile,palpabile… arrivata da chissà dove. La Yamaha YZF R1, per tutti, solo R1. Ero un ragazzino di 15 anni appassionato di moto ed avevo gia il mio primo cinquantino, una RS 50 replica Reggiani e quando vidi questa pubblicità capii che si stava compiendo un grosso salto evolutivo in campo motociclistico. Il 2000 era sempre più vicino e aleggiava tra le persone quell’ idea di futuro, di cambiamento e progresso. Tutti aspettavano l’arrivo del nuovo millennio come un salto temporale che era più di un semplice altro anno. Il Millennium bug e il Giubileo davano a questo evento l’ ulteriore curiosità e mistero nell’attendere qualcosa che inevitabilmente sarebbe arrivato.
Nuovo millennio a parte qui siamo “ancora” nel 1997 e Yamaha con il progetto dell’ ing Kunihiko Miwa presentava al mondo la sua nuova R1 al salone di Milano che allora si svolgeva a settembre, ad appena un anno dalla nascita di un altra Yamaha 1000cc di scarso successo e decisamente non al passo con i tempi che fu la YZF 1000 Tunderace che andò tristemente a sostituire la Yamaha FZR 1000. Quando ancora le 4 cilindri Superbike erano da 750cc, La Yamaha sorprende tutti con una moto estrema da un litro di cilindrata (998)
Per capire veramente di cosa si trattasse dovete sforzarvi a cancellare tutte le moto che conoscete dal 98 ad oggi, pensare solo alle moto di allora, comprese tutte quelle uscite già da qualche tempo e che circolavano per le strade italiane.Allora, Le concorrenti supersportive dirette della R1 nel 97 erano la Kawasaki 900 ZX-9R. Un bestione da 126Cv per 236kg di peso. La Suzuki Gsx-R 750 Srad che nonostante la bontà del progetto e i passi avanti tecnici rispetto alla vecchia serie era una moto che non trovò il successo sperato e non stupi affatto per via di una linea non proprio apprezzata. La Honda CBR 900RR che nel 98 raggiunse la sua ultima serie. A parte i pochissimi passi avanti tecnici fatti dal 92, Honda riusci a tirar fuori una moto già vecchia e peggiorata da una carenatura enorme. Infine c’era la Ducati 916 che nonostante l’età teneva ancora il passo coi tempi soprattutto nella linea ma che comunque anche nella versione più spinta SPS non arrivava assolutamente alle prestazioni di peso,potenza e maneggevolezza a cui arrivò la nuova R1 (e costava 36 milioni di lire). Pensate che l’ anno della presentazione della R1 venne presentata un altra moto che fu una novità assoluta, la RSV 1000 Aprilia. Prima moto supersportiva di grossa cilindrata della Casa di Noale. Il grosso bicilindrico nonostante la novità che rappresentò anche in termini tecnici e stilistici era semplicemente una moto al passo con i suoi tempi perché confronto alla R1 era grossa, pesante e neanche troppo potente
La svolta più grande fu che La Yamaha R1 è stata la prima 1000 supersportiva estrema a quattro cilindri in linea e da lì in poi per molti anni fu il riferimento della categoria. Il modello si caratterizzava da un nuovo motore 5 valvole per cilindro con un design compatto a tre assi, un lungo forcellone sviluppato su quello delle moto da GP e altre soluzioni tecniche all’avanguardia. Il telaio era il leggerissimo deltabox II in alluminio, I rapporti di peso e potenza erano impressionanti per allora, 150CV per solo 177kg di potenza. A vederla era piccola come una 600 e vantava un interasse altrettanto corto. Impossibile capire fosse una moto da 1000cc. La prima versione fu venduta in due colorazioni, un aggressivo rosso e bianco perla, l’ altro Blu.
Il motore sempre incazzato con sequenza degli scoppi in modalità screamer era a Carburatori ed aveva un erogazione alquanto scorbutica in alto, Il tutto unito a sospensioni e freni non proprio all’ altezza anche se con un piccolo upgrade la moto diventava godibile. Con questi presupposti La Yamaha R1 ci mise ben poco tempo a farsi la fama di cattiva ragazza, di mezzo indomito ed era effettivamente una moto per motociclisti esperti. La leggenda narra di acquirenti che hanno riportato la moto al concessionario dopo solo una settimana o addirittura di frettolose riconsegne il giorno stesso terrorizzati da un mostro sempre su una ruota e pronto a disarcionare chi ci fosse sopra. Forse questa è stata solo l’ esasperazione di improvvisati motociclisti (può accompagnare solo) assolutamente ignari di cosa fosse guidare una moto del genere (con un fisico così ) che sicuramente era rivolta a quelli più esperti.
La cosa certa è che in un epoca senza l’ elettronica su una moto come questa era vietata l’ esuberanza.
La linea era a dir poco inedita, bellissima, filante e affilata che a distanza di tutti questi anni sembra non sentire assolutamente il peso dell’ età. Tutt’oggi è moderna. Il codino rastremato, la carenatura avvolgente e il piccolo cupolino con i due fari minacciosi che guardavano la strada come un falco la rendevano estremamente accattivante. Nelle corse invece all’ inizio, Dopo un ottimo debutto al Tourist Trophy, nel 1998, la R1 già nel 1999 interromperà la striscia di 17 vittorie consecutive della Honda all’Isola di Man, conquistando il TT F1 con il compianto David Jefferies alla media 195 km/h e portando a casa anche successi nella Senior TT e nella Production TT. Con la Yamaha R1 sempre David Jefferies porta al successo la Yamaha R1 al Senior TT, ed infrange per primo il muro dei 201 km/h sul giro davanti ad un pilota del calibro di Joey Dunlop
La Yamaha R1 ha segnato veramente un punto di svolta come poche altre moto hanno fatto nella storia ridisegnando per sempre il volto e le caratteristiche che una moto sportiva doveva avere da lì in poi , inaugurando il settore delle SBK 1000cc. Potenti, veloci, piccole e agili. Anche la posizione in sella era sorprendentemente comoda e compatta e anticipava quello che sarebbe arrivato da li fino ai giorni nostri. Nel 1997 è arrivata portando con sé un nuovo modo di pensare le supersportive e probabilmente a causa della sua esuberanza prestazionale anche la consapevolezza che prima o poi ci sarebbe stato bisogno di fare qualcosa di più concreto per mettere in sicurezza tutta quella potenza che veniva gestita solo dal pilota e dalle varie configurazioni tra ciclistica e erogazione. L’ elettronica. Ma questa è un altra pagina del motociclismo, un altra era in cui comunque anche la R1 nelle sue future evoluzioni è stata protagonista ed ha dato il suo importante contributo.